In questi giorni mi è capitato di leggere un testo di Albert Einstein, dove egli esprime in modo divulgativo la teoria della relatività. In tale testo viene spesso affrontato il problema della simultaneità: esiste la simultaneità, o è una questione puramente relativa? Per risolvere il problema della simultaneità, problema che a inizio novecento aveva assunto in campo scientifico, matematico e filosofico un'importanza enorme,Einstein ricercò una "legge" che in un qualche modo risolvesse certe discrepanze, e che fosse sottesso a tutti i fenomeni fisici. A quei tempi il matematicoPoincarè aveva affrontato la questione della simultaneità affermandone la relatività, ovvero considerandola come una convenzione di cui ci serviamo per potere comunicare e vivere, ma che a livello di vissuto e di realtà è una semplice costruzione mentale senza alcuna relazione con il mondo in cui tutti viviamo. Anche il filosofo Bergson (e pure lo scienziato Mach)in quel periodo si era cimentato in questa tematica scrivendo miriadi di testi sul tempo, la simultaneità e la durata. Quest'intellettuale francese, assieme a Poincarè e a Mach, criticò in modo massiccio la concezione del tempo propria della scienza: la scienza avrebbe spazializzato il tempo riducendolo a fotogrammi separati fra di loro e iscrivibili di conseguenza all'interno di un tempo oggettivo misurabile. In realtà questo tempo è solo una costruzione matematica che non tiene conto che il vissuto reale è soggettivo e relativo, per cui lontano da qualsiasi misurazione o omologazione da parte di orologi.
A inizo novecento e poi ancor di più con Einstein, va in crisi l'idea di un tempo oggettivo scandito dal ticchettio dell'orologio. Ogni orologio, per quanto perfetto, non può misurare il tempo e esprime un tempo relativo allo strumento misurante.
A parer mio la simulaneità è una costruzione: prendiamo una "persona" che chiameremo Tizio. Tizio va incontro a Sempronio e il tempo passa. A ogni istante che passa Sempronio gli si avvicina, ma lui non può prevederne le mosse. Inoltre Tizio ha una certa visione di Sempronio e non può percepirne tutti gli aspetti: può solo osservare Sempronio coi suoi occhi e guardare solo alcuni suoi elementi. Per esempio se Tizio è a una certa distanza e focalizza la sagoma di Sempronio tenderà a vedere il suo corpo. Se invece fissa gli occhi si accorgerà che essi sono marroni mentre prima gli sembravano verde.A seconda insomma dello sguardo, del punto in qui esso guarda, della distanza e o della posizione di Sempronio rispetto a Tizio, Tizio osserverà certe cose. Senza poi valutare l'ambiente circostante oppure se si è insieme su una auto, o se io sono i bici e lo vedo davanti a me, ecc...
Quello che ora vi chiedo è "Sempronio è simultaneo rispetto a Tizio, il suo vissuto è simultaneo?"
Io rispondò dicendovi che dipende.Noi non viviamo mai in simultaneità con qualcosa: la visione che abbiamo di Sempronio è solo la prospettiva attuale e in costante mutamento di un ente. Ma noi non possediamo questa prospettiva, ma siamo tale prospettiva. La prospettiva è sempre unitaria: ciò che la compone non sono elementi staccati ma un unità istantanea. è la temporalità a porci dinnanzi la possibilità della frammentazione, ma che è solo una lacerazione tra un istante e l'altro. Conseguenza di ciò è che la simultaneità di due elementi non esistono, perchè se esistesse il tempo sarebbe imbrigliato, noi percepiremmo tutto di ciò che ci sta attorno. Ma anche in tal caso non si avrebbe comunque la simultaneità ma una sorta di tutto pieno, che è solo una costruzione metafisica.
Comunque voi ora mi potreste opporre una simile affermazione: "ma allora come è possibile una comunicazione tra individui?" . il punto è che non ci sono individulalità ma interpretazioni, prospettive simultanee staccate ognuna dall'altra. La simultaneità è un falsificazione che permette agli uomini di sopravvivere, di non cadere in un profondo abisso, dove manca persino l'individualità, il concetto di "proprio". Difatti ogni istante-interpretazione non ha una durata, non è collegato agli altri. La memoria è dunque in una simile prospettiva solo una costruzione, un insieme di rimozioni che ci permettono di sopravvivere credendo nei ricordi, e quindi in un nesso tra gli istanti del nostro vissuto. Ma ciò è solo una costruzione: la memoria non trattiene presunti istanti passati, ma li crea, anzi essa stessa è una costruzione pulsionale che ci serve per continuare a vivere, per credere in un qualcosa che è la "nostra vita", il "nostro vissuto". Ma la terribile realtà è che siamo solo istantanei, senza simultaneità alcuna; ogni istante viene distrutto per fare largo a un altro. Gli istanti escono dal nulla e vi ritornano i continuazione, senza senso, scopo, inizio e fine.
domenica 2 novembre 2008
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